Allarme Covid-19 all’interno del Pronto Soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo dove almeno 14, tra medici e infermieri, sono risultati positivi nel corso dei controlli effettuati regolarmente sul personale sanitario.
All’interno della struttura sono ricoverati 50 pazienti Covid ed alcuni di essi versano in condizioni critiche.
“Stiamo cercando di arginare il focolaio. Al momento i positivi sono 14 circa il 10%. Ci sono tanti pazienti nel reparto, molti in ventilazione” a dirlo è il primario del Pronto Soccorso, Massimo Geraci che conferma come in 8 mesi di emergenza soltanto 3 casi si erano presentati, tutti subito rientrati.
“Evidentemente qualcosa è successo ma prima di capire la causa si deve fare il punto della situazione. Oggi avremo un vertice con la direzione per rianalizzare tutti i percorsi organizzativi di accesso e rivederli in chiave più restrittiva” continua il Primario che rassicura sullo stato di salute dei dipendenti tutti asintomatici.
Al momento sono stati eseguiti diversi tamponi agli altri operatori sanitari in servizio e molti sono già risultati negativi. Il Primario Massimo Geraci ha anticipato di voler proporre alla direzione sanitaria l’esecuzione di tamponi ogni tre giorni.
Sono almeno cinquanta i pazienti presenti al Pronto Soccorso del Civico di Palermo riconvertito in Covid Hospital per l’emergenza Coronavirus.
In un primo open space sono presenti i pazienti meno gravi, in un altro chi ha bisogno di cure sub-intensive.
Ad ogni inizio e fine turno in una apposita area il personale sanitario procede alla vestizione o svestizione con i vari Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) che prevedono una tuta, guanti e mascherina con visiera.
La delicata operazione avviene secondo standard proceduralizzati per ridurre al massimo il rischio di contagio da Coronavirus.
Siamo al cambio del turno e l’apparente calma viene interrotta dall’ingresso di altre donne e uomini che combattono giornalmente questa guerra contro un nemico invisibile.
Celeste Vullo, Dottoressa di 25 anni, laureata il 30 luglio ed in servizio al Pronto Soccorso per pazienti Covid-19 dal 17 ottobre. Nei suoi occhi si legge la voglia di fare ed inevitabilmente le chiediamo cosa pensa di chi nega l’esistenza del Covid-19.
“Non riesco neanche a dispiacermi più di tanto contro chi nega l’esistenza del virus, perché mi sembra veramente folle e, soprattutto, non riesco ad adirarmi contro chi rilascia commenti assurdi che negano la realtà che viviamo qui dentro ogni giorno” afferma la Dottoressa Celeste.
“Con tutte le emozioni che proviamo qui dentro, stando a contatto giornalmente con i pazienti, la rabbia non è contemplata nel mio spettro di sentimenti” continua la Dottoressa che ci racconta quanto sia difficile alla fine della giornata contattare i familiari dei propri pazienti “Può capitare, come ieri, di chiamare il numero di una mamma e sentire rispondere la figlia piccolina, sono emozioni molto forti”.
Questo virus allontana le persone e a farne le spese sono proprio i familiari che non possono dare e ricevere quel contatto che nella malattia è, a volte, parte stessa della cura.
Non si riesce a staccare totalmente e quello che succede in reparto di solito si trascina anche fuori, diventando parte della propria vita quotidiana.
“Alcuni giorni riesco anche a staccare quando i miei pazienti, ad esempio, migliorano e torno a casa soddisfatta” conclude la Dottoressa Celeste “altre volte, alle 3 di notte, mi sveglio per gli incubi”.
La Dottoressa Barbara Simone è stata assunta proprio per l’emergenza Covid-19 dopo una settimana dalla sua abilitazione.
“Mi sono fiondata al Pronto Soccorso per sopperire alla carenza di personale. All’inizio è stata dura ma sicuramente lo è di più adesso che siamo in piena seconda ondata” afferma la Dottoressa Barbara che conferma di aver visto i primi casi a partire da fine agosto e da lì è stata una escalation.
Le chiediamo quale sia il momento più difficile della giornata lavorativa e la Dottoressa ci spiega come sia difficile gestire a distanza soprattutto i familiari dei pazienti.
“E’ molto difficile quando dobbiamo dare le notizie sullo stato di salute del familiare ricoverato o magari consolare chi è dall’altro lato del telefono che vive questa difficile situazione attraverso noi” afferma la Dottoressa che spiega anche come non sempre sia possibile, vista la grossa mole di lavoro in reparto, potere fare le videochiamate a casa.
Chiediamo se è un virus che attacca i pazienti più deboli soprattutto se anziani.
“Sono passati anche giovani che pensavano magari di essere più avvantaggiati o persino immuni a questo terribile virus” conclude la Dottoressa Barbara Simone “Quando si sono trovati ad avere difficoltà nel respirare, è stato molto traumatico per loro e difficile per noi riuscire a consolarli”.
di Antonio Melita e Francesco Militello Mirto – EmmeReports