“Mancò la fortuna non il valore” è la frase più ripetuta in merito alla battaglia di El-Alamein, in quanto i reparti italiani seppero dare prova di estremo valore, mettendo in serie difficoltà la rimonta del Generale Bernard Montgomery.
Quando si parla di El-Alamein, si intende la fase finale della battaglia, ovvero quando Montgomery, sconfiggendo le forze dell’Asse, le costringe a ritirarsi.
Ma la battaglia si è svolta in due fasi: la prima in cui l’avanzata dell’Asse sembrava inarrestabile, la seconda che finì poi come tutti sappiamo.
Voglio descrivere le varie fasi della battaglia seguendo come filo conduttore le parole che ha riservato ai soldati italiani il Feldmaresciallo Erwin Rommel, passato alla Storia nella campagna d’Africa come “La volpe del deserto”.
L’elogio del Generale Rommel per i soldati italiani risale alla campagna d’Africa quando poco dopo il suo arrivo in Africa, il 16 febbraio 1941, scriveva nel suo diario “Ieri dominava il ghibli e mi è stato impossibile servirmi dell’aereo per fare subito una perlustrazione. Ho così in questa occasione visitato una Divisione italiana che mi ha fatto un’ottima impressione”.
Il giorno seguente il Generale riportava: “Abbiamo, i Comandanti italiani ed io, una magnifica reciproca comprensione. Non potevo augurarmi una migliore collaborazione. I miei carri armati sono ora in prima linea, sul fronte che è già stato spinto in avanti di cinquecento chilometri verso Oriente”.
E poi il 2 marzo 1941 sempre dal suo diario: “Gli Italiani, qui in Africa, sono degli ottimi camerati e dei bravi e valorosi soldati. Se avessero i nostri mezzi e la nostra disciplina, potrebbero gareggiare con le nostre migliori truppe. L’episodio di Giarabub (allego un dettagliato rapporto sul fatto e sulla figura del Maggiore Castagna, di cui il Ministero della Propaganda potrebbe servirsi benissimo) rivela le doti di coraggio degli Italiani”.
Sebbene la storiografia ci abbia raccontato di un Rommel che disprezzava i soldati italiani, la realtà dei fatti è ben diversa.
Nonostante l’estrema ammirazione che Rommel aveva per i soldati italiani, ovviamente non sono mancate le critiche verso gli armamenti, come annotato il 5 marzo 1941: “L’antiaerea è costituita da vecchissimi Skoda da settantacinque millimetri, ancora della guerra 1914-1918; ho visto perfino mortai di bronzo antiquati, già dell’esercito austro-ungarico… Gli aerei sono logorati e non vengono ricambiati. I piloti italiani fanno miracoli. Gli apparecchi da ricognizione, mi dice Zecht, sono vecchi Caproni, inermi e lenti, micidiali per chi vola… Gli aerosiluranti sono empirici e rudimentali: l’unica cosa viva è il valore e il coraggio dei piloti; un nostro aviatore rifiuterebbe di decollare con quegli apparecchi che qui chiamano a ragione “Totebahren” (“Casse da Morto”)”.
E il 14 marzo rincara la dose scrivendo: “I fucili italiani si chiamano modello 91, perché rimontano all’anno 1891; gli Italiani non posseggono mitra, i carri armati da sei tonnellate sono ridicoli”.
Il Generale Rommel ha quindi una grandissima stima per i soldati italiani e per la divisione corazzata Ariete che ha costituito il muro frontale del suo schieramento, in supporto alle divisioni panzer con cui effettuava la tenaglia.
Per chi avesse dubbi riguardo tali scritti, specifico che provengono dal suo diario personale, arrivato a noi grazie al sottufficiale aiutante Moser. La documentazione si completa poi con le lettere che il Generale inviava alla moglie.
L’8 agosto 1941 il Comando alleato passa al generale Bernard Law Montgomery ed alle 20:40 del 23 ottobre del 1942, inizia l’Operazione Lightfoot.
L’operazione prevedeva una manovra a tenaglia condotta da fanteria e forze corazzate lanciando due attacchi frontali a nord e a sud della linea del fronte.
5 divisioni di fanteria, protette dal fuoco di artiglieria, dovevano spezzare le linee a nord tenute dalla Trento e dalla 164° div. di fanteria tedesca per permettere l’inserimento tra le linee dell’Asse della 10° divisione corazzata inglese.
A sud la 44° divisione di fanteria inglese doveva impegnare le truppe della Folgore aprendo lo spazio al passaggio della 7° divisione corazzata.
Questo avrebbe permesso di aprire la linea del fronte e attestarsi in attesa del contrattacco italo-tedesco che sarebbe stato respinto con l’ausilio delle riserve di carri Sherman e Grant nuovi fiammanti.
Nonostante le incessanti battaglie, dove gli atti di eroismo si realizzarono da entrambe le parti, trovo sia il caso di ricordare il Duca Guido Visconti di Modrone, eroico soldato di nobile stirpe.
Il Comandante dell’11^ cp. Paracadutisti del IV Battaglione della Divisione Folgore Visconti, chiamato a rapporto dal proprio Comandante di Battaglione, attraversò a piedi un tratto di terreno completamente scoperto, sottoposto a violento tiro dell’artiglieria britannica.
A coloro che lo esortavano a mettersi al riparo, rispose: “Un Visconti non schiva il piombo dei Windsor!”.
Ferito gravemente il 14 ottobre del 1942, continuò ad esercitare il comando dei suoi uomini, abbandonando il fronte solo su ordine dei suoi superiori, morendo poco dopo.
Si registrarono altri incredibili esempi di valore, con il via dell’operazione “Supercharge” (1 novembre 1942) che vide impiegati, oltre alla solita massiccia cortina di artiglieria, anche 570 carri della 9° brigata corazzata inglese.
Agli italo tedeschi restavano circa 167 carri in efficienza e la mattina del 2 novembre, dopo il sacrificio di un’intera divisione corazzata, la Littorio, le fanterie scozzesi e neozelandesi riuscirono ad incunearsi tra la Trieste ed i resti della Littorio, spezzando così, definitivamente, il fronte italo-tedesco.
Occorre ricordare che la divisione corazzata Littorio, nella notte si era frapposta insieme ai pezzi da 88 tedeschi per cercare di fermare la 9° inglese dipingendo una delle pagine più eroiche della Seconda Guerra Mondiale.
Il Generale Rommel gettò a quel punto nella mischia tutto quella che aveva a disposizione e cioè i resti della 15° e 21° Panzer insieme ai carri rimasti alle divisioni italiane (in tutto circa 120) ed attaccò il saliente formato dai circa 250 carri inglesi supportati dai pezzi di artiglieria controcarro. Fu un’aspra e furibonda battaglia che durò tutta la giornata, le forze dell’Asse non riuscirono a ricacciare l’avversario ma l’assalto venne bloccato nonostante le incursioni dei bombardieri della Desert Air Force.
La radio inglese non mancò di glorificare il valore dei soldati italiani, ben cinque volte di fila tra il novembre ed il dicembre del 1942.
Le divisioni Trieste, Littorio, Bologna, Brescia, Pavia e diverse altre unità subirono più volte la sorte di essere annientate e ricostituite altrettante volte. Nove generali italiani si sacrificarono al pari dei loro uomini, ricordando in particolare il Principe Costantino Ruspoli.
Bernard Law Mongomery ebbe la sua vittoria, quel deserto però, ancora oggi, parla dei nostri soldati che vendettero cara la pelle, sbalordendo il mondo intero.
di Vittorio Emanuele Miranda – EmmeReports
«Gli italiani dovrebbero essere frustati. Sei carri armati inglesi hanno fatto prigioniero un intero battaglione della divisione Trento. Questo popolo di merda (alla lettera: Scheissvolk) merita di essere fucilato in blocco».
Sempre Rommel; pareri contrastanti su quello che pensava di noi …
Bello bellissimo siamo orgogliosi di tanto valore