Il 7 ottobre 1986, Claudio Domino si trovava davanti alla cartolibreria della madre, Graziella Accetta, in via Fattori, nel quartiere San Lorenzo di Palermo.
Uno sconosciuto si avvicinò al bambino di 11 anni sparandogli un colpo mortale alla testa.
Durante il maxi-processo di quell’anno il mafioso Giovanni Bontate, figlio del capomafia Paolino e fratello di Stefano, assassinato nel 1981, si dissociò dal delitto dicendo: “Siamo uomini, abbiamo figli, comprendiamo il dolore della famiglia Domino. Rifiutiamo l’ipotesi che un atto di simile barbarie ci possa sfiorare”.
Il mafioso parla di “barbarie” quasi a voler avallare la diceria secondo cui la Mafia abbia una sorta di “codice etico” che non consenta l’uccisione di bambini.
La realtà è un’altra e trova conferma nelle parole di Graziella Accetta, madre di Claudio Domino: “Non è vero che la mafia non ha mai ucciso i bambini, dal 1898 con l’uccisione della bambina Emanuela Sansone apre i conti con 125 uccisioni di cui 109, riconosciute dallo Stato come per quella di mio figlio Claudio”.
Graziella, che abbiamo incontrato lo scorso luglio in via D’Amelio, ha avviato il progetto “Giù le mani dai bambini” che porta in giro per le scuole italiane le storie spesso dimenticate di giovani vite spezzate dalla mafia.
“La mafia ha giustiziato i bambini come ha fatto con Claudio, con le cugine Maisano, 4 bambini che avevano rubato la borsa alla mamma di Nitto Santapaola. Come vedete è solo una diceria quella che la mafia aveva un codice d’onore, non è una diceria invece che abbia ucciso donne, bambini, preti per i propri interessi” continua Graziella ricordando che i mafiosi sono senza onore e, soprattutto, senza dignità.
Sull’omicidio di Claudio Domino vi furono numerose indagini che non hanno però portato luce sulla vicenda, ma solo varie ipotesi investigative.
Una delle ipotesi fu quella che il bambino venne ucciso perché testimone di un sequestro o di un omicidio; un’altra ipotizzò, invece, che Claudio fosse stato testimone di uno scambio di stupefacenti tra spacciatori della zona.
A distanza di 34 anni ancora nessun colpevole, ma solo il dolore di una famiglia che ha deciso, insieme ad altre, di portare avanti la testimonianza e il ricordo di tutti i bambini uccisi dalle mafie, perché tutti sono uguali e vanno ricordati senza distinzione.
“La nostra missione è quella di convincere i ragazzi, specialmente delle scuole di quartieri a rischio, che la mafia gli ruba la libertà, l’onore, la famiglia. Una volta che cedono la propria volontà alla mafia, diventano di proprietà della mafia, non avendo una propria vita” continua Graziella Accetta.
“Spieghiamo che è più conveniente starne lontani, non cedere ai ricatti di questa gentaglia e, spesso, capiamo di avere fatto breccia, di averli interessati”.
Chiediamo a Graziella che tipo di giustizia si aspetta dallo Stato e le sue parole sono, nonostante tutto, ancora di fiducia anche grazie all’operato di uomini come Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita, Giuseppe Lombardo e Nicola Gratteri.
“Bisogna colpire la parte deviata dello Stato e sostenere l’operato dei giudici che, anche a rischio della propria vita, stanno combattendo veramente la mafia” continua Graziella che chiede anche pene severe e certe per i mafiosi “il 41 bis non lo hanno avuto, purtroppo, i delinquenti e gli assassini ma i familiari delle vittime da loro uccise. Gli assassini – una volta al mese – hanno la possibilità vedere i propri figli, a noi questa possibilità è stata tolta”.
di Antonio Melita – EmmeReports
(foto Francesco Militello Mirto)