Questa è una richiesta proveniente da una amica sarda che ha chiesto di mettere nero su bianco, la storia di un personaggio sardo illustre.
Emilio Lussu nato ad Armungia il 4 dicembre del 1890, ha sempre parlato del proprio luogo di nascita con una concezione “mitologica”, come il luogo della formazione dei suoi valori quali: il rispetto del lavoro, l’uguaglianza, la lingua, le tradizioni e l’identità sarda.
Apparteneva al ceto dei contadini benestanti ed Armungia è situata nel territorio situato nel sud-est dell’isola, chiamato il Gerrei.
Svolto il servizio militare prima a Torino e dopo a Cagliari, durante gli studi universitari, si laureò in giurisprudenza presso l’Università dell’omonima città nel 1915.
Durante la prima guerra mondiale, fu tra gli interventisti democratici ed i salveminiani, prendendo personalmente parte al conflitto. Estremamente valoroso, fu decorato quattro volte al valor militare e promosso al grado di capitano, in servizio presso la 151° Brigata Sassari.
Nel 1916 fu inviato, con la sua brigata, nelle montagne attorno ad Asiago per creare un fronte che reggesse l’avanzata austriaca su Vicenza e Verona.
Fino al luglio dell’anno successivo, fu impegnato in un pesante contrattacco attorno alle Melette e sul Monte Zebio.
Questa per lo scrittore e politico sardo, fu un’esperienza molto importante, ispiratrice del suo libro “Un anno sull’altipiano”, scritto nel 1937.
Un autentico capolavoro che parla della vita militare e della sua eccessiva disciplina, durante il periodo del conflitto. Un libro dove descrive, per la prima volta nella storia della letteratura italiana, l’irrazionalità della guerra avvicinandosi sempre più alla tesi del socialista Filippo Turati, nel descrivere la guerra come mezzo da non utilizzare per raggiungere la pace.
Emilio Lussu scrisse nel suo libro: «E’ da oltre un anno che io faccio la guerra, un po’ su tutti i fronti, e finora non ho visto in faccia un solo austriaco. Eppure ci uccidiamo a vicenda, tutti i giorni. Uccidersi senza conoscersi, senza neppure vedersi! È orribile!».
In quel periodo arrivò ad accanirsi persino contro i giornalisti, definendoli: «Come Ariosto: descrissero cento battaglie senza vederne una sola».
Nel primo dopoguerra inizia la sua carriera politica.
Il 17 luglio 1921, insieme a Camillo Bellieni e altri reduci, fondò il Partito Sardo d’Azione, dopo averne posto le basi nel movimento dei combattenti e, in particolare, nella Federazione sarda dell’Associazione nazionale combattenti e reduci, il cui statuto, da lui redatto, era stato approvato a Macomer (Nuoro), il 9 agosto 1920.
Il partito era composto prevalentemente da pastori e contadini ed aveva l’obiettivo di effettuare la redistribuzione dei pascoli e delle terre coltivabili, contro i grossi proprietari terrieri.
Alle elezioni politiche del maggio del 1921 il Movimento dei Combattenti si rivelò come il primo partito sardo, con circa 1/3 dei consensi elettorali dell’isola, corrispondenti a più del doppio dei voti socialisti (12,4%) e quasi tre volte quelli del PPI (11,3%). Qui Emilio Lussu fece il suo ingresso alla Camera dei Deputati.
Si ebbero parecchi scontri tra sardisti e fascisti, dove egli stesso fu ferito ed il sardista Efisio Melis rimase ucciso, in seguito alla marcia su Roma.
Fu mandato il Generale Asclepia Gandolfo direttamente da Mussolini, per mediare una fusione tra il PS d’Azione ed il PNF in virtù della comune matrice combattente dei movimenti.
E se alcuni fecero le trattative come Paolo Pili, altri intellettuali e dirigenti come lo stesso Lussu si opposero dando una posizione contraria alla fusione dei partiti netta e radicale.
Nel 1923, la federazione sarda dell’Associazione Nazionale dei Combattenti, da lui controllata, aderisce all’associazione repubblicana di ex-combattenti antifascisti Italia libera.
Sarà sempre rieletto alla Camera dei Deputati, alle elezioni politiche del 6 aprile del 1924 e sarà uno dei secessionisti dell’Aventino in seguito al delitto Matteotti.
Nel frattempo proseguono gli scontri tra fascisti e sardisti ed in una di queste occasioni la sua abitazione, a Cagliari, verrà assaltata dallo squadrista Battista Porrà che verrà ucciso a colpi di fucile da Lussu a cui il tribunale, riconobbe comunque la legittima difesa.
Contemporaneamente, Benito Mussolini, in seguito all’attentato subito a Bologna nel 1926, attuerà il 9 novembre il Regio Decreto n. 1848/26 che prevedeva lo scioglimento di tutti i partiti antifascisti: compreso il Partito Sardo d’Azione.
A seguito dello scioglimento dei partiti antifascisti, Lussu verrà destituito dal suo incarico di parlamentare assieme a tutti gli aventiniani e condannato a 5 anni di confino a Lipari, in data 27 ottobre del 1927.
Fuggì dal confino nel 1929 assieme a Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti grazie all’aiuto di Gioacchino Dolci e di Italo Oxilia.
Suggerisco a chi vuole interessarsi alle dinamiche di questa storia, il libro “Le nostre prigioni e la nostra evasione” dove Francesco Fausto Nitti descrive le dinamiche della fuga.
Personalmente non metto in dubbio un confino o una prigionia, ma credo che sia strano come dei leader politici sovversivi (su cui pende l’imputazione d’aver agito contro la nazione) possano fuggire facilmente a bordo di un motoscafo senza essere sparati a vista.
Una volta fuggito, arrivò a Tunisi per raggiungere Parigi.
Nel 1931, Emilio Lussu assieme a Carlo e Nello Rosselli, Francesco Fausto e Vincenzo Nitti, Gaetano Salvemini, Alberto Tarchiani, Alberto Cianca e altri, all’Hôtel du Nord de Champagne di Montmartre (Parigi), creò il movimento antifascista “Giustizia e Libertà”.
Col nome di Mister Mills, Lussu compirà azioni al di fuori dell’Italia, prendendo parte alla guerra di Spagna dalla parte del fronte antifranchista.
Farà parte anche della lotta partigiana italiana, confluendo nel partito d’azione di Ugo La Malfa e nel dopoguerra sarà ministro dell’assistenza postbellica, dal 21 giugno al 10 dicembre del 1945.
Entrerà a far parte nel PSI e sarà eletto quattro volte di fila tra il 1948 e il 1963, partecipando alla scissione ed entrando a far parte del PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria).
Una volta che PSIUP entrerà a far parte dell’area del PCI, ne prese le distanze.
Il politico e scrittore sardo morirà a Roma il 5 marzo 1975.
Di lui si ricorda che era un uomo fortemente attaccato alla sua terra, convinto sardista ma non fu mai un indipendentista sardo.
Pur facendo parte della Resistenza italiana al fascismo, non sposò mai le idee comuniste.
di Vittorio Emanuele Miranda – EmmeReports