Parlare di fattori riguardanti la Seconda Guerra Mondiale in Italia, senza incappare nella guerra ideologica è estremamente difficile, ma oggi voglio provarci perché è una delle date più significative degli ultimi quasi ottant’anni, che per la Storia non sono che un battito di ciglia ma per un uomo si tratta di una vita intera.
Del resto si sa, sono 75 anni che nel nostro Paese si va avanti con la guerra ideologica ma occorre barcamenarsi in un campo minato, anche se si parla meramente di fatti e siamo quasi ad un secolo dall’avvenimento di quest’ultimi.
Giorno 8 settembre 1943, alle 19:45 lo speaker palermitano dell’EIAR Giovan Battista Arista (detto Titta Arista) annunciò che il capo del Governo, il maresciallo Pietro Badoglio avrebbe dato un comunicato e presso tutte le linee dell’EIAR comunicò:
«Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
Tornando alla premessa iniziale mi pongo l’obiettivo di porre un’ulteriore riflessione sui fatti e questo scritto non vuole essere un revisionismo o un incanalamento ideologico, ma la mia volontà è invece proprio creare una coscienza critica, mantenendo la totale libertà di pensiero, nella speranza però che da quella famosa data in poi si riconosca e si accetti un pensiero diverso dalla standardizzazione delle menti che la famosa liberazione ha riservato per i suoi figli.
Si parla spesso di guerra, di resistenza, di nazifascismo sconfitto, di 25 aprile ed altri fattori ma meno si parla delle conseguenze che l’armistizio in quegli anni ha creato.
Atto emblematico che rispecchia l’abbandono del Paese a stesso, e in balia delle inevitabili conseguenze, fu la fuga del sovrano Vittorio Emanuele III a Brindisi con la creazione del Regno del Sud, dove l’Italia di fatto era geograficamente divisa tra le forze alleate e le forze dell’asse.
Nacque una situazione confusionaria, di stallo e di fatto un’invasione dell’Italia da parte delle truppe di mezzo mondo che poi si tradussero in non indifferenti crimini di guerra contro la popolazione italiana; crimini efferati che furono effettuati da tutte le parti e non in maniera monodirezionale, cosa che mi preme sottolineare in virtù della mia dichiarazione di intenti iniziale che richiama ad una onestà intellettuale che vuol far emergere quello che non ci hanno mai detto e che per venirne a conoscenza devi spulciare la storia.
Di contro l’ex alleato sul fronte vedendosi tradito iniziò l’operazione “Asse” che comprendeva l’occupazione dello stivale. Il 9 settembre fu affondata la corazzata Roma alla quale era stato ordinato di fare rotta verso Malta, assieme a tutta la flotta italiana, e di non ostacolare lo sbarco alleato a Salerno.
Il Regio Esercito lasciato allo sbando più totale, in quanto privo di ordini, comportò, come detto nel punto precedente, gli internamenti ed in molti casi anche le esecuzioni da parte dell’esercito tedesco.
Conseguenza di tutto ciò: fu la guerra civile tra le bande partigiane, che adottarono tecniche di guerriglia, violando in più frangenti la convenzione di Ginevra, e la RSI.
La Repubblica Sociale Italiana si creò poco più di un mese dopo l’armistizio e raccolse ex reparti dell’esercito che si rifiutavano di cambiare fronte, volontari che decisero di arruolarsi rimanendo fedeli al fascismo e la neonata Xª Flottiglia MAS comandata dal Principe Junio Valerio Borghese.
Indipendentemente da chi fossero i buoni ed i cattivi, o forse è meglio dire che non esistevano né buoni né cattivi ma solo gente che lottava per la propria visione del mondo, mi domando comunque perché la Resistenza venisse chiamata così.
La risposta più ovvia è quella della resistenza al nazifascismo ma, mi domando: se hai a favore il Governo nazionale, hai dietro gli eserciti di tutto il mondo, che di fatto hanno svolto il grosso delle operazioni, io credo che tu non stia resistendo ad un bel niente.
E qui scatta in automatico il parallelismo con i nostri rivoluzionari contemporanei, un po’ come le Sardine di oggi che cantano “Bella ciao” e si definiscono la nuova resistenza, ma a loro favore hanno il governo, i media, il deep state della magistratura che negli ultimi mesi è venuta allo scoperto, per di più accanendosi contro un nemico inesistente.
Dirò di più, siete sempre liberissimi cari lettori di avere la vostra idea di chi fosse nel giusto e chi nel torto, perché ribadisco che questo articolo non è niente di più di trattazione dei fatti, ma, il mio pensiero è che se proprio qualcuno merita l’appellativo di “resistenza” siano i Repubblichini, perché hanno resistito con le unghie e con i denti seppur perdendo, contro una soverchiante forza d’invasione.
Dico invasione proprio perché i rapporti alleati di fine guerra affermano: Italia sconfitta ed occupata militarmente.
Per chi vuole approfondire il dibattito sull’otto di settembre, consiglio il libro “La morte della patria” pubblicato nel 1996 da Ernesto Galli della Loggia.
Nel suo libro, l’editorialista del Corriere della Sera, parlava di come l’armistizio avesse diviso gli animi, non facendo altro che affievolire sempre più il sentimento nazionale a favore di sentimenti internazionalisti, come quello del PCI a sostegno delle rivendicazioni jugoslave in Venezia Giulia.
Questo libro ha creato non poche critiche, tanto da far intervenire nel 2001 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che sosteneva che la lotta partigiana avesse invece acceso un nuovo sentimento nazionale.
Anche a caldo, l’armistizio di Cassibile aveva suscitato le dichiarazioni più incredule da parte di statisti avversari e la più famosa, senza dubbio è quella di Winston Churchill: “Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti”.
Concludendo sulle conseguenze, l’armistizio di Cassibile, credo non sia stato molto proficuo per l’Italia, anzi ha prodotto più danni di quanto avrebbe potuto provocare proseguire la guerra, subendo ugualmente la sconfitta. Magari si sarebbero evitate le scorribande della guerra civile e la divisione degli animi.
di Vittorio Emanuele Miranda – EmmeReports