Oggi presentiamo Lucio Greco, artista napoletano che ha fatto di Bologna la sua nuova città. Definisce iperrealismo fotografico la propria pittura ad olio, perché i suoi dipinti sembrano scatti trasformati con l’uso di filtri e virati successivamente a seppia. La sua opera è una sorta di galleria, un grande quaderno di appunti visivi: immagini che hanno colpito la sensibilità dell’artista e vengono raccolte con principi standard nell’immaginario del pittore, memorizzate e poi ritrasferite alla realtà.
In questa serie di passaggi creativi il dato originale si trasforma, l’immagine si appiattisce e si scompone in campiture piatte, omogenee, appaiate, affiancate, contrastanti. Viene ridotta a toni e a livelli, questi a loro volta definiscono aree omogenee che, se ingrandite, perdono completamente di naturalismo. Rimpicciolite, invece, diventano facilmente leggibili e ci coinvolgono in uno stimolante gioco di rimandi alla nostra storia dell’arte.
Partiamo dall’opera. Cosa rappresenta?
L’installazione dal titolo Cercate il mio Volto! è composta da 54 dipinti ispirati all’arte che va dall’Alto Medioevo al Rinascimento. Mi sono reso conto che il Cristo è stato tra i soggetti più raffigurati e dipinti in quel periodo storico. Da questo mio studio sugli artisti che nell’arco di quel periodo hanno provato a dargli un volto ho iniziato a riprodurre, logicamente a modo mio, quei volti di Cristo che mi sono sembrati più significativi.
Rappresentare il volto del Salvatore è davvero una costante della nostra cultura?
L’uomo religioso, il Fedele, non ha mai smesso di cercare il Volto di Cristo. E lo ha fatto soprattutto nell’arte; infatti gli artisti sono stati dei formidabili cercatori ed io, fra i tanti, uno di loro. Questa è una sorta di storia iconica frutto della libertà, della fantasia e del genio.
La sua arte, oltre a questo momento spirituale, su cosa è concentrata?
Non amo parlare di me come artista; preferisco che lo facciano gli altri o le mie opere. La mia artenon è altro che una ricerca e studio del bello, attraverso il corpo umano e il vivere dell’oggi. Le opere che ne scaturiscono passano attraverso il nudo, le forme della donna, la musica, la poesia, il cinema e la religiosità.
Lucio Greco medita sulla meditazione: indaga l’uomo attraverso le forme in cui l’uomo si è riconosciuto. In questa maniera distilla l’essenza di un pensiero e toglie ad ogni figura il transitorio, l’occasionale. Cristo torna ad essere uomo, così come la donna torna al proprio universo femminile.
Creare un’allegoria, caricarla e farne un simbolo, appartengono sia all’arte che alla comunicazione; svestirla del suo significato è la strada inversa, quella che Greco percorre ogni giorno. Quel che resta, espresso con una pittura per livelli di luce e macchie monocrome, è capace di sollecitare nell’osservatore ricordo e appartenenza, è ciò che rimane del nostro universo culturale. Una semplice traccia in cui riconoscerci, perché alla fine tutto è autorappresentazione.
Come definirebbe la parola arte?
Un linguaggio che, attraverso l’uso di specifiche tecniche e creatività, dona emozioni.
Cosa pensa della Biennale?
Ritengo che BIAS sia una delle pochissime esposizioni dove l’essere umano è posto al centro di tutto, a prescindere dalla sua storia, dalla sua provenienza e dal suo credo; BIAS è un luogo di cultura dove la diversità è un valore. Mi sento onorato di partecipare a questo bellissimo progetto.
BIAS a Palermo, ha un particolare significato per lei?
Palermo è un luogo di scambi millenari con un grande passato e una magia unica. È una città che ho amato sin da bambino, vi ho trascorso diverse vacanze con i genitori e mi è sempre piaciuta; nonostante la conosca ormai abbastanza bene, tutte le volte che ci ritorno mi emoziona. Sono veramente contento dopo una lunga carriera artistica di esporre qui.
Lucio Greco, l’arte di ritornare al reale.
Lucio Greco a BIAS 2020 Palermo Loggiato di San Bartolomeo fino al 12 settembre 2020
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports