Il Maria Eleonora Hospital ha partecipato ad un importante studio di ricerca pubblicato sul New England Journal of Medicine per la validazione di una terapia farmacologica post operatoria in grado di ridurre le problematiche legate all’arteriopatia periferica.
L’arteriopatia periferica (PAD) è una patologia a carico dell’apparato cardiovascolare che colpisce gli arti superiori e inferiori. Consiste nel restringimento delle arterie che portano il sangue agli arti.
La PAD riguarda 40 milioni di persone in Europa, con un’incidenza maggiore per i soggetti over 50 e incrementa fino al 20% della popolazione dopo gli 80 anni (Dati Consulta SCV – Consulta delle società scientifiche per la riduzione del rischio cardiovascolare, 2019).
Le cause possono essere diverse, le più frequenti sono colesterolo in eccesso, diabete ed obesità. Inoltre alcuni stili di vita aumentano il rischio di incorrere nell’arteriopatia periferica, ovvero fumo, sedentarietà e una dieta non equilibrata.
Il paziente affetto da arteriopatia periferica può accusare sintomi più o meno accentuati, come dolore a seguito di uno sforzo o dolore anche quando l’arto è a riposo o si manifestano ulcere. Altri segni dell’arteriopatia periferica sono l’arrossamento dell’arto, il gonfiore o l’abbassamento della temperatura.
“Al Maria Eleonora Hospital, struttura specializzata nel trattamento delle patologie del cuore, utilizziamo tecnologie d’avanguardia e adottiamo tecniche innovative a beneficio del paziente. Per quanto riguarda la PAD, la diagnosi viene effettuata tramite Ecocolordoppler, Angio TC e Angiografia. La terapia per l’arteriopatia periferica è interventistica – spiega il dott. Vincenzo Pernice, responsabile dell’Unità Operativa di Cardioangiologia Diagnostica ed Interventistica a Maria Eleonora Hospital.
“In primis si adotta un approccio endovascolare mininvasivo (consiste nella riapertura delle arterie occluse inserendo uno stent o un palloncino all’interno del vaso). Quando però l’ostruzione è troppo calcifica, è necessario optare per una terapia chirurgica con bypass. Ci avvaliamo delle ultime metodiche che ci permettono di raggiungere i migliori risultati possibili, in termini clinici di buona riuscita degli interventi e di salvataggio dell’arto ma soprattutto nei confronti dei pazienti, per restituire loro una quotidianità di qualità” spiega il dott. Pernice.
Lo studio, che ha visto tra i principal investigator proprio il dott. Pernice, consisteva in una sperimentazione di fase 3 con l’obiettivo di approfondire la tollerabilità e l’efficacia del nuovo trattamento anticoagulante orale su un campione di pazienti internazionale il più ampio e diversificato possibile.
Si è inoltre trattato di uno studio multicentrico, che ha preso in considerazione 6.564 pazienti con PAD sottoposti a rivascolarizzazione degli arti inferiori, provenienti da 542 centri distribuiti in 34 Paesi.
Gli studi, durati 3 anni, hanno evidenziato che la terapia farmacologica post rivascolarizzazione portava ad una riduzione del 15% del rischio di amputazioni e di altri eventi avversi di natura cardiovascolare.
I risultati sono stati presentati al congresso annuale dell’American College of Cardiology – associazione no profit – e pubblicati sul New England Journal of Medicine – una delle più importanti e diffuse pubblicazioni di medicina al mondo.
“Abbiamo evidenza che l’aggiunta di questo farmaco a basso dosaggio dopo un intervento su un’arteria periferica riduce in modo significativo le complicanze più temibili nell’ambito della PAD, come l’ischemia acuta degli arti, le amputazioni maggiori, l’infarto del miocardio e l’ictus. Un beneficio che si manifesta immediatamente e rimane stabile nel tempo. Questi dati forniscono la prova di un regime antitrombotico efficace e con un rapporto rischio-beneficio favorevole” ha concluso il dott. Vincenzo Pernice.
di Redazione – EmmeReports