Oggi presentiamo Fabio Pilato, artista siciliano, le cui opere sono talmente vere da farci dimenticare la loro immobilità. E’ il gioco del tempo, che sembra lineare, invece si riavvolge con moto circolare e torna su sé stesso.
Contemplare un pesce o il polpo è come trovarsi a Lascaux, e guardare gli animali sulle volte delle grotte: non osservare dipinti ma guardare gli animali e sentire la loro presenza.
Pilato riesce in questo perché volontariamente rinuncia al mondo culturale e tenta, vittoriosamente, l’approccio diretto con ciò che ama e vuole rappresentare.
“Se percorro a ritroso il cammino che faccio nella creazione delle opere, vedo che non è ragionato, non è designato, è come la visione innocente di un bambino, senza pregiudizi, senza inquinamento dell’educazione. Pura coscienza e semplicità. Semplicità e gioia come potrebbe intendersi il gioco dei pesci quando ti immergi con loro e li rispetti: ricordo le cernie a Ustica, che mi giravano intorno mostrando l’allegria di familiarizzare con l’uomo”.
Quindi, gli chiedo, la tua arte cerca semplicemente di fissare ciò che tu ami per coinvolgere gli altri nelle stesse emozioni?
“Sono un folle, più che un Artista, uno che crede talmente tanto nei sogni e vuole trasformarli in materia. Li vivo in prima persona. Ma non c’è niente del mondo onirico di un vero e proprio sogno, poiché tutto è reale, concreto, sostanza, energia. Li tocco, ci sono. Sono uno che ha il coraggio di essere normale. Siamo noi opere d’arte, e noi non facciamo altro che abbracciare la nostra natura, la nostra essenza. Siamo speciali, ma non lo sappiamo”.
C’è qualcosa di atavico, di oltremodo antico nelle parole di Pilato. Qualcosa di molto anteriore alla civiltà, cioè a un mondo fatto di regole.
Forse lui è in grado di ridarci lo stupore, primordiale; quello mitico di quando l’uomo improvvisamente prende coscienza del giardino in cui vive e dà per la prima volta il nome agli animali, alle piante e alle cose. Anche Pilato li ricrea e dà loro un nome e forse solo da quel momento le sue opere smettono di appartenergli e prendono una propria identità.
La tua è l’arte del fare?
“È la misura che c’è tra il sogno e il fatto. Come semplicemente gli occhi di ciascuno di noi educano le mani a plasmare le magnifiche sensazioni che la materia ci trasmette. Libero da ogni limite, libero dalle paure degli errori, grazie a questa purezza, riesco ad affrontare il mio percorso creativo. Arte è semplicemente sentire il creato, la natura, assorbire la bellezza che c’è nel mondo intorno a noi. Nel mio caso, il mare”.
Credi di essere riuscito a ricreare negli altri il medesimo stupore e fascino che il pianeta azzurro provoca in te, nella tua sensibilità?
“Vivo di dubbi e incertezze, praticando spesso errori pur senza averne paura, ma essere stato scelto per partecipare a Palermo è stata una conferma che il mio fare trasmette qualcosa. Qualcosa, semplicemente, che attraverso i miei pesci arriva dal vissuto; stando sempre rintanato in studio e non frequentando le gallerie e gli artisti Bias è stata un bagno di cultura, in un mondo nuovo, e un tuffo in un turbinio di stimoli che ha ulteriormente orientato il mio sapere; l’Arte è sicuramente tanto, ma tanto altro ancora, che devo ancora scoprire. Sono solo all’inizio. Buon Mare”.
Così mi saluta Fabio Pilato, l’artista che guarda il mondo con quegli occhi che purtroppo tutti noi abbiamo perduto.
Fabio Pilato a BIAS 2020 Palermo Loggiato San Bartolomeo fino al 12 settembre 2020
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports