Fuori fa freddo, per quanto possa farne in Sicilia, e il teatro Massimo, vanto della città, spicca dorato nel blu scuro del cielo invernale. Nelle strade del centro l’illuminazione tipica del periodo è un colpo d’occhio, non c’è balcone senza addobbi luminosi e da qualche finestra si intravvede l’abete simbolo di quella festa che si ripete da 2000 anni. C’è chi, con il bavero del cappotto tirato su, corre per gli ultimi acquisti, mentre in ogni casa fervono i preparativi e le tavole già sono imbandite. Mancano poche ore alla notte più magica dell’anno e nelle cucine si lavora a pieno ritmo perché non c’è nulla di più bello se non riunirsi attorno al desco con i propri familiari in occasioni delle cosiddette “feste grandi”.
È in questo contesto che la padrona di casa fa il suo ingresso con portamento regale come se reggesse lo scettro su un cuscino di velluto, però non è uno scettro né tantomeno un cuscino di velluto, ma un vassoio su cui ha adagiato una tipica preparazione natalizia: il “falsomagro” o “farsumagro”, altrimenti detto braciolone (grande braciola) in diverse parti d’Italia. Noi siciliani, però, colpiti ogni tanto da deficit interpretativo e fantasiosi come siamo, tendiamo a personalizzare quello che ci pare e il termine italiano braciolone si trasforma “brusciulune” e che sia cena della vigilia o pranzo di Natale, resta l’indiscusso protagonista della tavola.
Vi siete immersi nell’atmosfera natalizia, provando un po’ di refrigerio, nella calura estiva di questi giorni? Forse no perché anche il pensiero, proprio a luglio, della cucina in cui si lavora a pieno ritmo non alletta granché. Basta un piccolo atto di coraggio e non è detto che un saporito brociolone (termine più chic) non possa trovarsi sulle nostre tavole estive, ma sconsigliato da portare in spiaggia, altrimenti addio al bagno dopo le canoniche tre ore perché ne occorrono almeno cinque.
La ricetta di questo piatto sembra affondi le sue radici nel XIII secolo, durante la dominazione angioina e che sia nata proprio nel capoluogo siciliano. Tramandata poi da generazione in generazione è arrivata sulle nobili tavole dell’aristocrazia siciliana, preparata dai Monsù. Un tempo non era così consueto consumare carne vaccina, in quanto i buoi venivano impiegati nei campi e le mucche per produrre latte e nutrire i vitelli, così sulle tavole arrivavano solo le carni degli animali più vecchi, quindi più dure e stoppose. Per renderle più appetitose sembra che le cucinassero con un ripieno di aromi ed erbette, portando in tavola la “farce maigre”, ovvero un piatto a base di carne farcita di magro. I ceti più poveri che consumavano carne forse solo una volta la settimana utilizzavano per il ripieno quello che avevano in casa in quel momento.
Sull’origine del termine sembra ci siano diverse scuole di pensiero. Secondo alcune “falsomagro” deriva da farce (farcia) e maigre (magra), quindi carne con un ripieno magro, probabilmente quello dei Monsù. Un’altra teoria, invece, sostiene che il termine non abbia nulla a che vedere con il francese, ma che si riferisca all’aspetto ingannevole della pietanza, fuori rotolo di carne stretto e lungo che cela al suo interno un ripieno di uova, salumi, formaggi e chi più ne ha più ne metta.
Ricetta diffusa in tutta l’Isola, ha molteplici varianti anche nella stessa città e addirittura all’interno dello stesso nucleo familiare in cui le differenti e personali “visioni” del ripieno del brociolone, così come della salsa che lo ricopre che può essere di pomodoro o in “bianco con aggiunta di pisellini e carote, genera dissapori fra vecchie e nuove generazioni che si placano solo assaporando questa prelibatezza tutt’altro che magra. Ovviamente anche le ricette sono diverse e con varie combinazioni per la “farcia”. Si può obiettare sull’origine, sul termine o sul ripieno, ma non sulla bontà del falsomagro, il nostro “brusciulune”, un trionfo di voluttuoso sapore che appaga il palato e sgombera la mente perché il buon cibo ci mette di buonumore e ci porta a far pace con noi stessi e con il mondo intero. Come scriveva Virginia Woolf “Non si può pensare bene, né amare bene, né dormire bene, se non si è pranzato bene”.
Ingredienti:
1 fetta fesa di vitello di ca. 700 gr
400 gr di carne tritata
50 gr di pangrattato
5 uova (di cui 3 sode)
100 gr di parmigiano grattugiato (o pecorino)
50 gr di passolina e 50 di pinoli
Sale e pepe q.b.
Noce moscata
Un mazzetto di prezzemolo
100 gri di caciocavallo fresco
100 grammi di salame
Una cipolla
Olio EVO
Un bicchiere di vino rosso
150 gr di concentrato di pomodoro
0,75 l di passata di pomodoro
Spago da cucina
Preparazione
Impastare la carne tritata con due uova, il parmigiano grattugiato (o pecorino), il prezzemolo tritato, sale e pepe, una spolverata di noce moscata e pangrattato. Il tutto dovrà risultare morbido. Sistemare la carne su un piano, stendervi l’impasto appena ottenuto e sopra questo il salame e il caciocavallo a listarelle, aggiungere le uova sode tagliate a rondelle. Arrotolare la carne legarla con il laccio da cucina, affinchè il ripieno non fuoriesca durante la cottura. In una padella (o tegame) soffriggere la cipolla tritata, porre la carne e farla rosolare in maniera omogenea. Dopo avere sfumato con il vino, a fuoco vivace, aggiungere il concentrato di pomodoro diluito in acqua tiepida e la salsa fino a coprire per intero il rotolo di carne, aggiustare di sale e pepe, correggere con un poco di zucchero e cuocere per circa 1h. Al termine della cottura mettere il falsomagro a intiepidire, eliminare il laccio, tagliare a fette e disporle, coperte dalla salsa di pomodoro, sul piatto da portata.
Buon Appetito!
Di Monica Militello Mirto – EmmeReports