Fare giornalismo significa raccontare la storia, la vita o la morte di qualcuno. Un vero giornalista sta il meno possibile in redazione, al contrario, sta in strada a cercare la notizia, a documentare un evento con la massima imparzialità e cercando di non farsi travolgere dai fatti e dalle emozioni che queste suscitano, in modo da poter riportare, sulla carta o in una foto, il momento storico di cui è testimone.
A distanza di 91 anni dalla sua nascita, abbiamo voluto ricordare Oriana Fallaci, un’icona del giornalismo mondiale, un esempio per molti che decidono di iniziare questo lavoro.
La Grande Oriana, come in tanti la definiscono, è amata e contestata al tempo stesso e spesso viene definita “profetica” per avere anticipato, nei suoi scritti, eventi che hanno trovato riscontro nella vita reale.
Una delle figure più rappresentative del giornalismo e autrice di veri capolavori, letti in tutto il mondo, inviata di guerra che “faticava come un soldato”, Oriana Fallaci nasce nel capoluogo toscano il 29 giugno del 1929 in piena epoca fascista. Accompagnando il padre nelle sue battute di caccia, impara ben presto a usare le armi, ma quella più potente e infallibile è sempre stata la sua penna.
Partecipa giovanissima alla Resistenza e diventa un membro del Corpo dei volontari per la libertà contro il nazismo e a soli 14 anni riceve un riconoscimento d’Onore dall’Esercito Italiano per il suo attivismo. Andando avanti con gli anni, cresce con lei la passione per la scrittura che la porta a collaborare con alcuni giornali tra i quali il Mattino dell’Italia centrale in cui si occupa cronaca giudiziaria e costume, ma la sua carriera subisce una battuta d’arresto quando si rifiuta di scrivere per la redazione un articolo contro Palmiro Togliatti.
Approda successivamente al settimanale Epoca, diretto dallo zio che le affidò l’Alta Moda Italiana in ripresa dopo il conflitto, seguendo la storica sfilata Dior nel 1952. Più va avanti e più in lei quella voglia di scrivere diventa irrinunciabile e nel 1961 realizza un reportage sulla condizione della donna in Oriente, primo successo editoriale, “Il sesso inutile”.
“Oriana”, scrive nella prefazione Giovanna Botteri, “si fa raccontare la vita dalle donne che incontra e allo stesso tempo racconta la sua… Il “sesso inutile” è un viaggio per scoprire se le donne possono essere felici, ma è anche un percorso iniziatico all’interno del potere e dei suoi meccanismi. Oriana Fallaci reinventa i ruoli, diventa protagonista della storia assieme al personaggio”.
Oriana scrive con una passionalità tale che è impossibile non farsi trascinare dal vortice di ogni pensiero, trasmettendo emozioni impareggiabili con la sua schietta, chiara e diretta visione di ogni esperienza vissuta. Ognuna lascia in lei segni indelebili che trasforma in mirabili scritti. “Su ogni esperienza personale lascio brandelli d’anima e partecipo a ciò che vedo o sento, come se riguardasse me personalmente e dovessi prendere una posizione (infatti ne prendo sempre una basata su una precisa scelta morale)”, scrive nella sua biografia, la giornalista toscana.
L’unicità di Oriana Fallaci risiede anche nel trattare gli argomenti con motivazioni di ordine etico e morale. Donna forte, determinata, con quella tempra e coraggio che la conducono a documentare la guerra, riesce nel 1968 a sopravvivere a una raffica di mitra durante una manifestazione.
Oriana è pur sempre una donna e, come scrive ancora Giovanna Botteri, “A Singapore Oriana cerca un’altra parte di se stessa, quella più fragile, nascosta, dove la razionalità non riesce a tenere a bada il cuore. Incontra un’eroina romantica, la scrittrice cinese che sfidò le convenzioni e si innamorò di un corrispondente di guerra americano. La sua storia divenne un film famosissimo, L’amore è una cosa meravigliosa”.
Probabilmente Oriana si identifica nella scrittrice, donna con caratteristiche a lei così affini, che è andata controcorrente. Anche Oriana nel corso della sua vita si è trovata ad affrontare il dolore per la perdita dell’uomo che amava, il greco Alekos Panagulis politico rivoluzionario, eroe nazionale della Grecia moderna. Da lui aspetta un figlio che purtroppo perderà, ma da questa devastante esperienza nasce un capolavoro “Lettera a un bambino mai nato”.
Un libro dedicato, come lei stessa scrive, da una donna a tutte le donne. Anche la sua storia d’amore per Panagulis e l’impegno politico di quest’ultimo, danno vita a un’altra pietra miliare nella carriera della Fallaci e in “Un uomo”, che si batte per la libertà, lei scrive “Lottate, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere”.
Nel corso della sua intensa carriera intervista “i potenti” della terra, fra cui Yasser Arafat, Indira Ghandi, Mohammed Gheddafi e Khomeini. L’intervista con quest’ultimo è ricordata perché Oriana tolse il chador che era stata costretta a indossare, definendo Khomeini un tiranno. L’insieme di tutti questi colloqui diventa un libro “Intervista con la storia”. Negli anni ’90, dopo l’uscita di “Insciallah”, si trasferisce a New York, ma continua a considerare casa la sua villa in Toscana, sostenendo di avere due Patrie. Qui si chiude in un volontario periodo di silenzio, che sarà lungo e durante il quale inizia la stesura di un romanzo e, purtroppo, sono anche gli anni in cui scopre di avere un cancro che chiama l’alieno.
Interrompe quel silenzio con l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Nasce così “La rabbia e l’Orgoglio”, un fiume straripante di scomode verità e dure accuse, che esonda dopo 10 anni di silenzio. Da quel momento i suoi scritti suscitano elogi e contestazioni sia nel mondo politico che nell’opinione pubblica, in quanto la scrittrice denuncia la decadenza del mondo occidentale sempre più piegato dalla minaccia del fondamentalismo islamico. La crescente immigrazione islamica verso l’Europa è ciò che porterà, secondo il suo pensiero, all’islamizzazione dell’Europa che diverrà “Eurabia”.
Oriana Fallaci si spegne a 77 anni, il 15 settembre del 2006 e nel 2008 viene pubblicato, postumo, il suo romanzo “Un cappello pieno di ciliegie”, in cui racconta la storia della sua famiglia tra il 1773 e il 1889.
La sua voce continua a farsi sentire e fra le tante frasi che la rappresentano ce n’è una, contenuta nella prefazione da lei scritta ne “La rabbia e l’orgoglio”, in cui paragona se stessa a un lupo sdegnoso e temporaneamente inoffensivo. Un lupo che continua ad avere la tentazione e il desiderio di azzannare e sbranare, ma che sa controllarsi fino al momento in cui resistere è davvero arduo, così come per lei lo è tacere dopo il terribile attentato.
Quindi scrive “Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”.
Di Monica Militello Mirto – EmmeReports