Moltissimi italiani aspettano il 2 giugno per celebrare la Festa della Repubblica italiana, ma anche per assistere alla parata del Fori Imperiali, per vedere uomini e donne in uniforme sfilare davanti le migliaia di persone che vanno a vederla.
Un momento unico, emozionante, soprattutto quando i paracadutisti salutano il Presidente della Repubblica e tutto il Popolo Italiano gridando all’unisono “FOLGORE!”, istante in cui pensi ad un’Italia migliore, pulita e grande.
Proprio per questo motivo, abbiamo pensato di intervistare un giovane ufficiale dell’Esercito Italiano, non potendo, per ovvi motivi, guardare in tv i nostri Militari marciare per l’antica via di Roma.
Il protagonista del nostro articolo è il Capitano Silvio Rizzo Pesci, 29 anni e circa 400 ore di volo da pilota, sugli elicotteri TH-500, AB-206 ed UH-90. Dopo essere stato ammesso a frequentare nel 2010 il 192° Corso dell’Accademia Militare, al termine del quale è stato nominato Ufficiale di Artiglieria, ha prestato un periodo di servizio nei reparti della Brigata Paracadutisti “Folgore” , dopodiché ha iniziato la formazione per piloti che ho concluso nel 2018. Assegnato al 7° Reggimento Aviazione dell’Esercito “Vega” di Rimini, presta tuttora servizio quale Comandante di Squadrone Volo e Pilota di UH-90. Ha preso parte all’Operazione “Strade Sicure” per la sicurezza e l’ordine pubblico in Italia ed all’Operazione “Inherent Resolve” in Iraq.
Capitano, qual è il percorso addestrativo per volare sugli UH-90 dell’Esercito?
Il pilota di UH-90, come gli altri piloti dell’Aviazione dell’Esercito, è un Ufficiale o un Sottufficiale su cui la Forza Armata investe moltissimo in termini di formazione, con un iter addestrativo che dura più di due anni. Dopo aver acquisito il Brevetto Militare di Pilota di Elicottero presso l’Aeronautica Militare, infatti, i piloti dell’Esercito frequentano un corso di Specialità presso il Centro Addestrativo dell’Aviazione dell’Esercito a Viterbo, dove apprendono le tecniche di volo impiegate nell’ambito delle operazioni terrestri (volo tattico diurno e notturno con apparati di visione notturna, formazioni estese etc.). Terminata questa fase, il futuro pilota di UH-90 svolge un corso di abilitazione della durata di circa sei mesi presso il Centro Formazione Equipaggi presente presso il 7° Reggimento AVES “Vega”, durante il quale apprende l’utilizzo degli impianti, dei sistemi e acquisisce tutte le capacità operative specifiche del pilota dell’Aviazione dell’Esercito. Giunto al Gruppo di Volo, il pilota, seguito dai colleghi più anziani, mette in pratica le tecniche e le tattiche proprie dell’UH-90 in tutti i possibili scenari d’impiego, svolgendo missioni con difficoltà sempre crescente.
Che tipo di requisiti deve avere un pilota di elicottero della Forza Armata?
Credo che un buon pilota debba essere una persona seria, risoluta e preparata, capace di lavorare in condizioni di stress e dotata di uno spiccato spirito di sacrificio: queste sono le qualità che riconosco nei piloti dell’Esercito Italiano. In particolare tra i piloti del 7° Vega vi è un continuo scambio di informazioni, sensazioni ed esperienze, fondamenta della formazione del pilota, che come nel mio caso viene impiegato all’Estero ed entra nel ciclo operativo. In realtà, la formazione non finisce mai: sacrificio, studio e curiosità caratterizzano tutta la nostra carriera. Le responsabilità in gioco sono grandi, le decisioni da prendere a volte difficili: a bordo si è un unico equipaggio coeso, che lavora per uno scopo, e porta a termine la missione in sicurezza.
L’UH-90 è ormai un mezzo fondamentale per l’Esercito..
L’UH-90, conosciuto anche con la sigla ETT, “Elicottero da Trasporto Tattico” – è un elicottero estremamente moderno e versatile, dotato di numerosi sistemi all’avanguardia, specificamente sviluppato per esigenze militari di supporto alle operazioni terrestri, e capace di svolgere, in differenti configurazioni, praticamente ogni compito assegnabile ad un elicottero multiruolo: è un assetto pregiato per la Forza Armata, che infatti lo impiega estensivamente sia in Patria che all’Estero.
Per chi, come me, ha da poco terminato i corsi di pilotaggio, sicuramente l’UH può a primo avviso sembrare “facile” da pilotare: mentre su piccoli elicotteri d’addestramento si perde molta concentrazione e sforzo nel cercare di “governare” la macchina, qui il pilotaggio è supportato da sistemi avanzati e da un sofisticato autopilota.
Quanto vi aiutano le nuove tecnologie durante una missione di volo?
Il pilota ai comandi non necessita più di guardare continuamente gli strumenti di bordo durante il pilotaggio: si serve infatti dell’HMSD – Helmet Mounted Sight & Display -, un visore che proietta sulla visiera del pilota molte informazioni sull’assetto ed i parametri dell’aeromobile, permettendo al pilota di dare la massima attenzione all’ambiente esterno. Innovativi comandi di volo completamente Fly by Wire, cioè elettronico-digitali, sostituiscono le tradizionali aste di rinvio meccaniche e garantiscono una stabile risposta in ogni situazione, anche perché sono associati ad un AFCS – Automatic Flight Control System dotato di capacità di Autonomous Navigation, in grado quindi di orientarsi, navigare e financo atterrare in maniera autonoma, senza necessitare di assistenze esterne alla navigazione. Se da un lato la tecnologia imbarcata dal Sistema d’Arma UH-90 diminuisce il work-load in carico al pilota in termini di condotta della macchina, dall’altro gran parte dell’attenzione dell’equipaggio, ed in particolare del Comandante d’aeromobile, deve essere dedicata alla gestione dei numerosi e complessi sistemi di bordo che servono a supportare la riuscita della missione.
Quali altri equipaggiamenti avete a bordo degli UH-90?
L’elicottero è dotato di differenti apparati per le comunicazioni radio e satellitari, del Weather Radar per il controllo delle condizioni metereologiche in rotta, del sistema FLIR – Forward Looking Infrared – per il pilotaggio in condizioni di scarsa visibilità e specialmente di brown-out mediante un’avanzata camera termica, e di un sistema OWS – Obstacle Warning System, in grado di rilevare ostacoli in prossimità della linea di volo percorsa dall’aeromobile. Quando impiegati in zona di operazioni, gli elicotteri sono armati di mitragliatrici di bordo, e dotati di un sistema di autoprotezione dalle armi contraeree. Infine, si possono installare a bordo particolari equipaggiamenti per lo svolgimento di specifiche attività, tra cui: verricello di soccorso, sistema di trasporto carichi al gancio, barelle impilabili per il trasporto sanitario di emergenza – MEDEVAC, sistemi per lo sbarco rapido di personale dall’hovering mediante tecnica Fast Rope.
Lei ha volato solo in territorio nazionale o anche all’estero e nel caso, che tipo di missioni ha svolto?
Sono in servizio presso il 7° Reggimento Aviazione dell’Esercito “Vega” di Rimini, unità di volo operativa facente parte della Brigata Aeromobile “Friuli”: siamo costantemente impiegati coi nostri Elicotteri da Trasporto Tattico e con Elicotteri da Esplorazione e Scorta AH-129 “Mangusta” all’Estero, al momento in Afghanistan ed Iraq. In Italia, al di là della continua attività addestrativa, siamo sempre pronti a decollare, su richiesta delle Prefetture e con breve preavviso, per missioni a favore della collettività, come possono essere la ricerca e soccorso di personale disperso, il trasporto sanitario d’ urgenza e l’intervento nelle pubbliche calamità. Personalmente, ho partecipato nel 2019 all’Operazione “Inherent Resolve” in Iraq, dove garantiamo il trasporto aereo d’importanti assetti, forze e materiali per tutti i membri della coalizione. Più recentemente, ho preso parte ad alcune attività in risposta all’emergenza sanitaria legata al Covid-19, per effettuare il trasporto e la consegna di dispositivi sanitari e di protezione in differenti zone d’Italia.
Quali differenze ci sono tra volare in Patria e farlo in una missione internazionale?
Gli scenari in cui operiamo sono in constante evoluzione. Pertanto l’attività dei nostri equipaggi in Patria si concretizza fondamentalmente nella preparazione all’ impiego, definita “approntamento”, un insieme di esercitazioni, attività addestrative e momenti di approfondimento che garantiscono la prontezza dei piloti anche per attività operative svolte sul territorio nazionale, come il Pronto Intervento a favore della collettività. Non si tratta quasi mai quindi di un semplice spostamento tra due aeroporti: ogni giorno, ci addestriamo nei compiti che siamo chiamati a svolgere in missione e lo facciamo impiegando tecniche e profili di volo tattici a bassissima quota, in formazioni di numerosi elicotteri, in condizioni di carico limite per la macchina, di notte ed anche in zone impervie ed in condizioni di visibilità o meteorologiche difficili. Abbiamo bisogno di addestrarci nelle condizioni più sfavorevoli, per essere sicuri di portare a termine la missione qualunque sia il contesto, quando ce ne sarà bisogno.
L’impiego in Missione rappresenta una grande sfida per l’individuo e per l’unità, il momento in cui si viene chiamati a dare reale prova di tanti anni di preparazione e addestramento. A fronte della forte responsabilità che noi tutti sentiamo, vi è però l’immensa soddisfazione di vedere concretizzato il lavoro e il sacrificio e di misurarne gli effetti. Veder crescere l’immagine dell’Italia nel mondo ed essere testimoni della rinascita dei Paesi che andiamo a supportare è fonte di immenso orgoglio.
Quali sensazioni, emozioni e gratificazioni prova quando porta a termine una missione assegnata?
Per quanto mi riguarda, volare per il mio Paese è un enorme privilegio. È stato particolarmente gratificante, in un momento di profonda crisi come quella che stiamo vivendo con l’avvento della pandemia, essere stati parte dell’efficace sistema di risposta predisposto dal nostro Sistema-Paese, che ha richiesto grandi sacrifici a tutti: è bello atterrare la sera dopo una lunga giornata e sapere che, nel nostro piccolo, abbiamo fatto la nostra parte.
Se io Le dico dedizione, addestramento, professionalità, Lei cosa mi risponde?
Penso che siano un patrimonio comune tra gli uomini e le donne dell’Esercito Italiano, ed in particolare dell’AVES, dove l’impiego di sistemi complessi e delicati richiede addestramento continuo e a difficoltà crescente unito ad un costante studio e aggiornamento professionale. Dall’inizio della carriera militare, dedizione ed impegno sono essenziali per avere successo in un percorso selettivo e sfidante, capace però di portarci al raggiungimento di importanti traguardi e soddisfazioni personali.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports