“Erano passate pochissime ore dalla esplosione, i ragazzi del gruppo 88 erano atterriti e attoniti, scioccati e disarmati, erano ragazzi tutti, coetanei degli stessi agenti di scorta che avevano perso la vita, presi cartelli e pennarelli, sentirono la forte necessita’ di esternare subito il loro sdegno, appendendo agli alberi del corso che attraversa tutto il centro di Capaci, con lo spago che si trovavamo tra le mani, i primi cartelli, a dimostrazione che erano morti ma erano vivi” inizia così il racconto di Antonio Vassallo, fotografo di Capaci.
“La mattina successiva, il giudice Antonino Caponnetto dalla sua Firenze si precipito’ a Palermo, come tutti fu costretto ad attraversare il centro abitato di Capaci, quella statale 113 che era diventata l’unico collegamento tra l’aeroporto e il capoluogo Siciliano, arrivo con il cuore a pezzi, ma un particolare lo aveva colpito, quei cartelli legati agli alberi, lungo il corso che attraversa il centro di Capaci, 60 splendidi ficus e altrettanti cartelli con frasi di condanna nei confronti della mafia …”La mafia e’ una montagna di Merda”… “Chi tace e’ complice”… “La mafia e’ vergogna e disonore” …”Giovanni sei vivo”…” continua Vassallo che fu uno dei primi ad arrivare sul luogo della strage il 23 maggio 1992.
“Il Giudice Caponnetto colpito positivamente da quella spontanea iniziativa, ne parlo’ subito a Paolo Borsellino, proprio in quelle drammatiche ore, era il segnale che c’era una Sicilia che aveva voglia di alzare un muro contro gli orrori di “Cosa Nostra”, di gridare che Giovanni Falcone da quel giorno avrebbe continuato a vivere nei tantissimi Siciliani”.
“Dopo 20 giorni Paolo Borsellino telefona al giudice Caponnetto…”Nino Nino, sono appena passato da Capaci, lo sai che qui cartelli sono ancora lì? Non hanno avuto il coraggio di toglierli”…” confermerà lo stesso Caponnetto in un libro.
Da allora sono trascorsi 28 anni, quel gruppo di “giovani” ha continuato ogni anno ad affidare il proprio dissenso, la speranze e la doverosa memoria ai tronchi di quegli alberi.
Il corso è ancora pieno di cartelli come 28 anni fa?
In quei giorni i cartelli manifestarono sentimenti di protesta contro i mafiosi meschini ma anche di speranza ed oggi il nostro pensiero è andato agli eroi di questa stagione.
Chi sono gli eroi?
Gli eroi sono persone normali che fanno il loro lavoro in condizioni difficili come i magistrati Falcone e Borsellino. In questa stagione gli eroi sono gli infermieri e i medici, le forze di pubblica sicurezza, studenti e docenti, i piccoli esercenti. A loro è andato il nostro pensiero e abbiamo dedicato la metà dei 65 cartelli appesi ai ficus di questo bellissimo corso.
Eroi anche dell’antimafia che poi si rivelano magari manager spietati.
Hai usato la parola manager non a caso e, soprattutto, credo che bisogna sempre diffidare da questo tipo di antimafia. La nostra è una antimafia sociale, di quella che si fa gratis – senza sovvenzioni – perché magari si crede alle favole.
Favole che si trasformano in incubi per colpa di qualche mela marcia.
Credo sempre di più che è comodo parlare di singola mela marcia, bisognerebbe avere il coraggio invece di dire che esistono due cassette: quella dell’antimafia sociale e quell’altra. Nell’altra cassetta c’è più di una mela marcia, anzi sono andate tutte a male.
Oltre ad essere arrivato tra i primi, diciamo che – con la Casetta No Mafia – sei anche l’ultimo ad essere andato via, anzi sei l’unico rimasto. Che 23 maggio sarà per te?
Ero un ragazzino e per inesperienza mi sono stati sottratti dei rullini da due tizi che mi hanno sventolato in faccia dei tesserini così velocemente… Che potevano essere quelli di una palestra. E’ storia: quelle foto sono sparite e ancora mi domando chi o cosa ho fotografato da dover tenere nascosto e, soprattutto, perché? In questo 23 maggio “diverso” andrò alla Casetta e mi terrò, come sempre, lontano dalle Falconiadi.
Falconiadi?
Sì, quel circo delle banalità, delle passerelle e, spesso, anche delle ipocrisie.
Qualcosa di diverso dall’antimafia sociale, ma istituzionalmente comunque necessario.
La memoria è doverosa in tutte le forme possibili; ma oltre al dovere della memoria abbiamo anche il diritto alla verità.
La verità è che la Mafia ha ucciso Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta in quel sabato 23 maggio di 28 anni fa.
Anche ma non solo, c’è la storia del doppio telecomando e di un attentato altamente difficile da realizzare e poi perfettamemte riuscito. La presenza di un foglietto con un numero dei Servizi Segreti sulla collinetta oltre alle cicche di sigaretta e quell’Arnaldo La Barbera presente anche nei misteri di Via D’Amelio.
E quindi?
Quindi occorre continuare a lavorare per ricercare la verità ognuno con i suoi mezzi e con il suo ruolo. Io – insieme all’amico Dario Riccobono di AddioPizzo, ogni giorno incontro gli studenti… Circa 30mila in 10 anni.
E che puoi dirci?
Che alla fine bisogna lavorare con gli studenti perché su di loro si può veramente costruire una nuova società. Non sai quante volte capita, e la cosa mi riempie il cuore di gioia, di essere contattato da qualche studente che ho accompagnato alla Casetta antimafia (o magri è andato al bunkerino di Paparcuri o a Casa Memoria Impastata) e che mi comunica di aver deciso di studiare per diventare magistrato.
di Antonio Melita e Francesco Militello Mirto – EmmeReports