Vincenzo Savastano è un cantante “fantastico” che nasce dall’idea di Antonio De Luca (che lo interpreta con maestria) e Valerio Vestoso (che gli firma gli ironici e pungenti testi).
Maestro Savastano parliamo subito della sua ultima hit “Tutti sanno tutto”. Pensa, come Umberto Eco, che i “social media hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli”?
Ma sai, con la buonanima di Umberto ce lo dicevamo sempre: “i social network sono come le suocere. Fanno bene solo una volta a settimana. Molto spesso la domenica. Dal lunedì al sabato meglio non averci a che fare, perché se no fanno male alla salute”.
Tutti dicono, tutti sanno, tutti sentenziano. Francamente preferisco rimanere nell’ignoranza, anziché sapere male un sacco di cose. D’altra parte io stesso non mi sento un cardiochirurgo, eppure opero regolarmente ogni due settimana al Neomelodic Way Of Life Hospital di Boston.
L’importante è occuparsi di tante cose senza farlo sapere, rimanendo umili.
Può raccontare un po’ come sta trascorrendo questa fase di isolamento. I suoi pomeriggi sanno ancora di Barbara?
I miei pomeriggi sanno anche di Lorella (ndr Cuccarini). Ogni giorno, dopo pranzo, passo dalle 2 alle 4 ore a rivedere i vecchi balletti suoi e di Heather Parisi, per recuperare tutto quello che mi sono perso in quegli anni.
In quei decenni là, preferivo uscire poco, stare dietro le quinte, scrivere molto, mangiare bene, e mi perdevo tutto il panorama che l’universo femminile mi voleva offrire. Fortunatamente ho recuperato subito dopo.
Oggi mi godo la quarantena in famiglia. Ho due mogli, undici figli, ma lo spazio è tanto. Perché farsi pagare così tanto ai concerti senza poi non reinvestire in ville?
Andreotti che comandava, i goal di Maradona, mille lire per una Fanta e il Salento che non era un granché. Quelli erano gli anni ’90, cosa ricorda invece degli anni 2000?
Degli anni 2000 ricordo la fine del Festivalbar, che personalmente rappresenta un po’ l’avanticristo e il dopocristo della musica italiana. Ricordo una meravigliosa Megan Gale che si arrampicava sui grattacieli per pubblicizzare le prepagate Omnitel, e ricordo una delle date più tragiche per tutti noi. L’11 Settembre 2001: l’ultima puntata di Colpo di Fulmine.
In “Campomarino” descriveva una caotica estate al mare. Ora si parla di distanziamento sociale con box in spiaggia e turni per tuffarsi in acqua, ma che estate sarà?
Io penso che nessun virus può distruggere la voglia di estate e scostumatezza che ogni anno, verso giugno viene a bussarci.
Si tratterà di passare dai due pezzi ai tre pezzi (mutanda, reggiseno e mascherina), ma piano piano ci abitueremo. Noi Italiani abbiamo sopportato di peggio.
Per quanto riguarda il luogo preciso, mi dicono che il Molise è immune al covid. Quindi, per quello che può valere la mia fondamentale opinione, consiglio a tutti di passare una quindicina di giorni tra le acque specchiate di Campomarino o Vasto, senza avere paura del prossimo.
Appena terminato il lockdown, qual è la prima cosa che farà? Oltre ovviamente fare il biglietto della Marozzi.
Prima cosa che faccio è una corsa sul lungomare di Acerra. Voglio tornare a respirare quei fantastici odori di mare e termovalorizzatori che rendono grande il nostro Paese.
Seconda tappa: un grande pranzo di pesce a casa mia, con gli amici di sempre: Lello Sorice Junior (attualmente bloccato al largo del Brasile sulla Costa Vanitosa), Umberto Tozzi, Umberto Smaila, Umberto Bossi e Gegia, che in questa quarantena mi è stata vicinissima.
Ci siamo sentiti ogni giorno al telefono per ricordarci a vicenda che abbiamo avuto quarantene ben peggiori. Erano gli anni dell’insuccesso e avremmo pagato oro per mettere la testa fuori di casa. Ma nessuno ci voleva, perché eravamo artisti scomodi.
E gli artisti scomodi, in questo mondo, fanno più paura di un virus.
di Antonio Melita – EmmeReports