L’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice ha celebrato la Messa della Santa Pasqua a porte chiuse in Cattedrale. Niente “popolo”, come prescritto per l’emergenza Coronavirus, e diretta streaming sui canali dell’Arcidiocesi per consentire la partecipazione da casa.
“Oggi in questa Pasqua, ci rendiamo conto sempre di più che è tempo di credere. In questa lunga Quaresima che è stata accompagnata da una pesante agonica quarantena” inizia così l’omelia dell’Arcivescovo Corrado Lorefice nella Messa di Pasqua.
“Oggi ci rendiamo più conto che è tempo di credere, di spingere fino in fondo la nostra sequela del Signore sino al Sepolcro, perché vi possiamo entrare anche noi, vedere e credere”.
“Il Sepolcro che è il segno di ogni cattività umana, di ogni reclusione. Della reclusione che ci imprigiona nei nostri schemi mentali, nelle scelte esistenziali e sociali che abbiamo fatto”.
E il pensiero dell’Arcivescovo di Palermo va a quanti sono rinchiusi nel “Sepolcro” delle case circondariali come quella dell’Ucciardone. A loro prigionieri, nei giorni scorsi, è stata inviata una lettera che Corrado Lorefice ha voluto leggere anche oggi, ne riportiamo alcuni stralci:
“Oggi più che mai – rispetto a cinque anni fa, quando mi sono recato presso la casa di reclusione dell’Ucciardone per la mia prima messa da Vescovo -vorrei essere lì tra di voi”.
“A maggior ragione in questo momento di massimo isolamento che, a causa del Coronavirus, accentua la sofferenza per la restrizione delle visite dei vostri affetti più belli, la paura e l’incertezza sulla vostra condizione in questo tempo di epidemia, la precarietà rispetto alle cose di prima necessità”.
“Vorrei farvi giungere come dono il profumo della zagara che esplode a primavera nei giardini della nostra meravigliosa Isola”.
“Il freddo dell’inverno non può bloccare la primavera. La risurrezione di Gesù ci raggiunge ora come il profumo di zagara inonda a primavera tutte le case, anche quelle di reclusione. Lui non lascia soli. E’ presenza, vicinanza, supera anche le porte sbarrate. Compagno che sopraggiunge sempre e sta accanto”.
“Vi ho aperto il mio cuore con queste parole che non sono astratte o di circostanza. Anch’io come voi sono un peccatore perdonato che ha conosciuto il Signore Gesù e lui mi ha cambiato la vita. Mi ha liberato”.
Nel riprendere l’omelia Corrado Lorefice specifica che questa: “E’ la lettera che il Vescovo ha scritto per i detenuti, ma penso che in queste parole siamo stati tutti raggiunti dall’annunzio che desideravamo: il Signore è risorto e lui viene a farci risorgere”.
Siamo alle battute finali di una celebrazione particolare e sentita anche se officiata senza il concorso di popolo e l’Arcivescovo di Palermo non dimentica di ringraziare “medici, infermieri, volontari che in questi giorni stanno prendendosi cura di quanti sono stati raggiunti da questo virus, ma anche le forze dell’ordine che stanno aiutando a custodirci”.
L’ultimo pensiero va alla comunità cristiana che è stata colpita da un enorme sacrificio, ma che “chiamata e amata da tutti i Sacerdoti e Vescovi” è stata presente in ogni celebrazione cove è stato annunziato il Gesù risorto.
Il messaggio di Lorefice termina specificando che “la parola di Pasqua non può, quindi che essere speranza“.
di Redazione – Emme Reports